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LABORATORIO DI STORIA GLOBALE

Il Laboratorio di Storia Globale del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell'Università di Torino nasce nel dicembre 2015 su iniziativa di un gruppo di docenti del dipartimento CPS interessati alla storia globale come approccio per studiare le interconnessioni che nel passato e nel presente hanno unito le varie parti del mondo.

Direttore:
Federica Morelli

Comitato Scientifico:
Tiziana Bertaccini, Tommaso Bobbio, Giovanni Borgognone, Marco Buttino, Marco Mariano, Alberto Masoero, Umberto Morelli, Filippo Maria Paladini, Franceso Tuccari.

Regolamento  

Le attuali interconnessioni tra le varie parti del mondo non costituiscono un fenomeno recente, proprio della cosiddetta global era, ma si inseriscono in una storia di più lunga durata. Da secoli, le migrazioni e il commercio, gli imperi, le città-stato e gli stati nazionali, la religione e l'ambiente, le comunicazioni e le guerre hanno contribuito a modellare il mondo e a unire le sue diverse parti. Riteniamo che, senza questo riferimento a una storia secolare, non sia possibile comprendere pienamente il «tempo presente», che rimane peraltro l'oggetto specifico del nostro interesse.

La storia globale intende studiare le traiettorie multiple delle circolazioni delle persone, delle idee e dei saperi, delle istituzioni politiche, economiche e sociali, e dei valori andando oltre i tradizionali confini geografici e politici. Facendo ricorso alle comparazioni, le connessioni e i processi di integrazione globale, invitiamo ricercatori e studenti a comprendere le forze che hanno contribuito a strutturare il mondo in una lunga e complessa vicenda che dal passato è andata dispiegandosi sino ai giorni nostri.

La storia globale ci spinge a pensare alla storia e alle sue metodologie in modo nuovo, proponendo visioni del passato non eurocentriche e multi-centriche. Invece di opporre l'Europa all'Asia, all'Africa o alle Americhe o di comparare stati nazionali, tale approccio cerca di spiegare come le entità locali, regionali, nazionali e imperiali si sono identificate, hanno interagito e sono cambiate nel tempo. Le conoscenze, le istituzioni, l'ambiente, le relazioni economiche e sociali saranno quindi analizzate su questi livelli di scala multipli.

L'obiettivo non è proporre un approccio superficiale di storia globale spiegando le varie realtà attraverso uno stesso modello interpretativo. Al contrario, intendiamo preservare la specificità delle varie aree - e degli studi di area - considerando la loro dimensione storica. Allo stesso tempo, pensiamo che tale specificità debba essere analiticamente ed empiricamente definita e non solo assunta, al fine di evitare di identificare entità come la Cina, l'Europa o l'Oceano Indiano nei termini dei loro confini attuali. I territori, così come le loro gerarchie politiche e sociali, infatti, mutano con il tempo. Per studiare tali fenomeni, utilizzeremo sia l'approccio della connected history sia quello della storia comparata. Pensiamo infine che per analizzare i fenomeni di integrazione globale, la storia debba necessariamente interagire con le altre scienze sociali (antropologia, sociologia, geografia, linguistica) e l'economia.

I principali temi del laboratorio sono:

-         la costruzione delle identità politiche
-         i mercati e le gerarchie sociali
-         il lavoro e la cultura materiale
-         migrazioni e diritti di cittadinanza
-         l'ambiente
-         le relazioni internazionali nel mondo globale
-         la circolazione delle idee e le interconnessioni tra le culture politiche

Tra i principali obiettivi del laboratorio c'è la costruzione di una rete internazionale con altri centri di ricerca che in Europa e fuori dall'Europa si occupano di temi di storia globale. L'obiettivo è far circolare studenti, dottorandi, ricercatori e docenti tra i veri centri della rete al fine di sviluppare ricerche e collaborazioni di storia globale.

Martedì 4 aprile 2017
L'America di Trump tra nazionalismo, populismo e nativismo
Interventi di  Giovanni Borgognone,  David Ellwood, Marco Mariano

Venerdì 18 Novembre 2016
Abbiamo ancora bisogno della storia? Il senso del passato nel mondo globalizzato
Interventi di Serge Gruzinski (Ehess, Parigi), Cecilia Pennacini, Peppino Ortoleva

Venerdì 28 ottobre 2016
Concezioni e pratiche di cittadinanza (in collaborazione con Quaderni Storici)
Intreventi di Tommaso Bobbio, Simona Cerutti, Federica Morelli, Massimo Vallerani

 Giovedì 26 maggio 2016
Crafting a Continent: A Tale of the Two Americas in the long Nineteenth Century
Franz Hensel Riveros (Universidad del Rosario, Bogotà)

Giovedì 7 aprile 2016
La Russia asiatica tra Nordamerica e Prussia: sulla circolazione delle idee coloniali
Albero Masoero (Università di Genova)

Martedì 1 marzo 2016
Global and Connected History. A proposito di Storia Globale di Sebastian Conrad e Mondi Connessi di Sanjay Subrahmanyam.
Interventi di Giuseppe Marcocci e Edoardo Tortarolo

Mercoledì, 16 dicembre 2015
Quale ruolo per la storia nella società contemoranea? Discussione intorno a "The History Manifesto".
Interventi di Filippo Barbera, Giovanni Borgognone, Fedetica Morelli, Angelo Torre, Francesco Tuccari, Paolo Viazzo

Profughi e richiedenti asilo: la circolazione di persone e di cose tra l’Africa e l’Europa

La ricerca è iniziata nel 2018 come parte del Progetto Cittadinanze dell’Università di Torino.

Obiettivo del lavoro è indagare sulle condizioni di vita e sulle attività dei profughi e richiedenti asilo arrivati recentemente in Piemonte nel quadro della politica di “Emergenza Africa”. L’attenzione è rivolta a luoghi in cui la loro permanenza è stata di maggior durata e più organizzata. Si tratta principalmente di due luoghi: le palazzine dell’ex-MOI di Torino, che sono state occupate per alcuni anni da parecchie centinaia di migranti; i luoghi di accoglienza e gli spazi occupati a Saluzzo e nei comuni del Saluzzese, dove molti di loro lavorano d’estate e d’autunno alla raccolta della frutta.

Si tratta di un sottoinsieme particolare all’interno del vasto mondo dei migranti, ma già questo è un gruppo numeroso e un’entità complessa al suo interno. Nostra intenzione è di svolgere con loro una ricerca partecipante in grado di cogliere le diversità nascoste dall’etichetta collettiva “profughi e richiedenti asilo”.

Considerando anche soltanto un periodo ristretto, l’ultimo decennio, questi migranti si sono trovati anzitutto in posizioni legali differenti: vi è chi ha presentato domanda di asilo ed è in attesa di risposta, chi ha ottenuto una risposta positiva, chi ha ricevuto un diniego ma ha fatto appello, chi ha un diniego definitivo, chi è entrato illegalmente nel paese e chi vi è rimasto senza averne diritto. A queste diverse posizioni rispondono forme differenti di sostegno pubblico e permessi di soggiorno di durata diversa, oppure assenza di ogni sostegno e di possibilità di soggiorno legale. Le differenze di posizione legale si traducono in differenze nelle possibilità di ottenere casa e lavoro. A queste condizioni di partenza impari, ognuno dei migranti reagisce mettendo in atto capacità e relazioni per avere accesso a risorse locali (ospitalità, attività economiche) e informazioni. Alle spalle di ognuno vi sono reti di relazioni, anzitutto quelle con le famiglie e con i paesi di origine, e queste sono un elemento di forza o un peso, secondo i casi. Tutti dedicano quindi grande attenzione a mantenere e sviluppare il loro capitale di relazioni perché, in buona parte, il loro futuro dipende da questo. Ovviamente fanno parte del capitale sociale individuale anche le relazioni con i non-migranti, sostanzialmente gli italiani e le istituzioni pubbliche. Per ognuno dei migranti la questione è dunque come reagire alla debolezza connessa alla propria posizione di ingresso e come allargare le proprie possibilità. I luoghi in cui vivono, le moschee, le piazze o i mercati, diventano punti di riferimento per chi cerca solidarietà e informazioni all’interno del mondo dei migranti. 

Le relazioni e le solidarietà, che si alimentano, non sono necessariamente tra pari, anzi sono sostanzialmente tra soggetti con possibilità diverse, e i rapporti di aiuto poggiano sul riconoscimento di una disparità che si traduce in un continuo essere in debito o in credito con gli altri, in un rapporto continuo di reciprocità. Le strategie individuali si definiscono quindi all’interno di un complesso gioco di interazione.

Ai percorsi che vengono proposti loro dalle istituzioni (formazione, apprendistato, borsa lavoro, contratti di lavoro a tempo definito) i migranti reagiscono in genere considerandoli una delle possibilità esistenti. È infatti importante per loro tenere sempre aperte le varie opportunità offerte dall’insieme delle relazioni costruite, non limitarsi al percorso lineare proposto dalle politiche di integrazione. Questo atteggiamento è saggio soprattutto in un contesto, come quello attuale, in cui la formazione molto raramente porta effettivamente a un lavoro, spesso si tratta della formazione per un lavoro che non esiste, o che esiste per un tempo molto breve.

I migranti, o almeno gran parte di loro, sono tutt’altro che un soggetto passivo in attesa di aiuto, sono soggetti attivi che studiano il contesto in cui si trovano e si costruiscono delle opportunità. Molti di loro sono in fuga da violenze o dalla fame, o semplicemente hanno colto un’occasione per tentare l’avventura e attraversare il Mediterraneo, in genere non hanno costruito forti progetti migratori prima della partenza verso l’Italia, ma lo fanno dopo, appena possono, in reazione alle condizioni di pesante precarietà e insicurezza in cui si trovano qui.

La ricerca indaga su quanto le amministrazioni locali fanno fatica a vedere: i migranti come soggetti attivi e le loro logiche che spesso risultano sfuggenti. La ragione della difficile lettura delle scelte dei migranti sta nel fatto che le loro attività economiche, le loro reti di relazioni e le loro solidarietà rimandano a luoghi diversi da quelli in cui vivono. La loro presenza produce infatti luoghi attraversati da strategie translocali, che riportano a un altrove non visibile a tutti, in particolare alle amministrazioni cittadine che, per definizione, hanno un’ottica essenzialmente locale. Profughi e richiedenti asilo svolgono tuttavia attività lavorative importanti, il loro lavoro è indispensabile particolarmente in agricoltura e la loro presenza influenza la vita delle città e il cambiamento urbano.

La ricerca riguarda la circolazione di persone e di cose, e le considera dove sono rintracciabili, ossia in singoli “luoghi migranti”. In questi luoghi avviene il nostro incontro con i migranti.

La vicenda dell’ex-MOI di Torino si è conclusa da qualche mese con lo sgombero e la ricollocazione provvisoria degli occupanti. Ha coinvolto 1000 / 1500 persone come abitanti stabili e in transito. I secondi erano persone con lavori non continuativi altrove (quali quelli stagionali in campagna), persone che ritornavano a Torino per svolgere pratiche burocratiche o incontrare conoscenti, persone di passaggio. L’ex-MOI è stato così casa per gli uni e luogo di riferimento per altri.

La ricerca sull’ex-MOI è iniziata quando si è avviato un Progetto di ricollocazione degli occupanti, sostenuto da Comune, Regione, Prefettura, Fondazione S. Paolo e Diocesi di Torino. L'Università (Cittadinanze), nella persona del suo Rettore, il professor Gianmaria Ajani, si è rivolto al Comune e ha ne ottenuto la collaborazione da parte della Sindaca, Chiara Appendino (carteggio del novembre 1917). L’Università si è riservata un punto di vista esterno rispetto agli attori politici e sociali che operano all'ex-MOI. La ricerca ha riguardato differenti aspetti: la vita interna alle palazzine occupate, le attività di lavoro e commercio degli occupanti, l’attuazione dello sgombero e la ricollocazione degli occupanti. Su questi temi si è tenuto un seminario presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società nell’a.a. 2018-2019 con la partecipazione di una trentina di ricercatori e operatori sociali. I materiali sono in corso di elaborazione per la pubblicazione.

A Saluzzo la ricerca si è svolta negli ultimi tre anni ed è ancora in corso. La situazione qui è in continuo cambiamento. L’osservazione partecipante si è svolta in un luogo di accoglienza organizzato dal Comune, nei luoghi di accoglienza diffusa, in vari accampamenti dei migranti-raccoglitori e in spazi da loro occupati. Nel dialogo con i migranti si sono affrontati i problemi relativi alla loro abitazione e alla ricerca di lavoro. Si è indagato anche sulle modalità del lavoro negli aspetti formali e informali. Un’attenzione particolare è rivolta alle rimesse e ai commerci attuati dai migranti a fianco del lavoro principale di raccolta. Interviste ripetute sono state fatte agli amministratori e agli operatori sociali: il Sindaco, gli operatori della Caritas, della cooperativa Armonia e della CGIL-FLAI. Nel 2020 le difficoltà portate dal Covid hanno creato un cambiamento drastico delle forme di accoglienza e hanno stimolato la ricerca di forme nuove di organizzazione del rapporto tra domanda e offerta di lavoro.

La ricerca intende allargarsi alle aziende agricole in modo da indagare sui rapporti di lavoro, la formazione dei prezzi e la distribuzione. Tra le aziende vi sono situazioni molto differenti ed è utile analizzarle per comprendere le prospettive del lavoro agricolo dei migranti.

Federica Morelli, Il Mondo Atlantico. Una storia senza confini, XIV-XIX sec., Carocci, Roma, 2013.

Department of History, Higher School of Economics, National Research University, St. Petersburg: http://sh.spb.hse.ru/en/history/

Laboratorio di Storia Globale
Dip. Culture, Politica e Società
Università di Torino

Lungo Dora Siena 100 - 10153 Torino
Ufficio 3D230

Tel. +39 011 670 41 55
Fax +39 011 670 26 12

mail: federica.morelli@unito.it

Ultimo aggiornamento: 12/07/2023 08:49
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