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Le religioni in ospedale. Integrare spiritualità e medicina nelle pratiche di cura

Tipologia
Fondazioni
Programma di ricerca
Bandi CRT - Richieste Ordinarie
Ente finanziatore
Fondazione CRT
Budget
25.000
Periodo
08/07/2020 - 08/01/2023
Responsabile
Stefania Palmisano

Partecipanti al progetto

Descrizione del progetto

La ricerca mira ad avviare un progetto pilota di formazione degli operatori sanitari alle esigenze religiose e spirituali dei pazienti ospedalieri – con specifico riferimento al polo della Città della Salute e della Scienza di Torino (d’ora in poi Città della Salute) – nell’ottica del crescente pluralismo religioso del territorio torinese. Con esso s’intende contribuire a promuovere il welfare di comunità in un’ottica di inclusione e di coesione, attraverso interventi volti al coinvolgimento attivo del personale sanitario, e alla cura dei degenti e delle loro famiglie.

Il progetto si configura come una ricerca-azione che coinvolge attivamente gli operatori sanitari al fianco dei ricercatori con l’obiettivo di costruire una “cartella parallela” ossia uno strumento della medicina narrativa che raccoglie informazioni sulla storia biografica e religiosa dei pazienti e che integra le informazioni della cartella clinica. Per raggiungere questo obiettivo, i ricercatori:

(a) svolgeranno interviste (previo consenso informato qui e negli altri casi – cfr. paragrafi “Fasi del progetto” e “Metodologia”) al personale amministrativo responsabile del “Progetto Religioni - La cura dello spirito”, il servizio che, dal 2008, offre supporto religioso e spirituale ai pazienti ricoverati in Città della Salute. Questa azione consentirà di comprendere quale sia l’offerta religiosa/spirituale proposta dall’azienda ospedaliera;

(b) condurranno un focus group con gli operatori sanitari e intervisteranno gli operatori spirituali (compresi gli assistenti laici rappresentati da UAAR, Unione Atei e Agnostici Razionalisti e AMNC, Assistenti Morali non Confessionali) che lavorano nell’ambito del sopracitato Progetto. Questa azione permetterà di rilevare le modalità di relazione e intervento adottate dagli operatori con i pazienti;

(c) svolgeranno – insieme a un gruppo selezionato di operatori sanitati – interviste in profondità secondo l’approccio della medicina narrativa ai pazienti ricoverati in due reparti, Oncoematologia e Trapianto Rene. I reparti sono stati selezionati in accordo ai referenti del sopracitato Progetto, che hanno già provveduto a sensibilizzare gli operatori sanitari attivi in essi, e a coinvolgere i più interessati. Questa azione consentirà di cogliere i bisogni religiosi e spirituali dei degenti dei due reparti. 

Grazie al co-finanziamento che verrà erogato dalla Rete Oncologica del Piemonte e Valle D’Aosta in caso di finanziamento del progetto, sarà inoltre possibile individuare una terza realtà del territorio piemontese da coinvolgere nell’indagine. Questa realtà sarà concordata con la Rete Oncologica dopo un’attenta valutazione delle caratteristiche dei reparti di Oncologia presenti nella Regione, al fine di massimizzare l’efficacia del progetto e l’aspetto comparativo con gli altri due reparti già coinvolti.

Sulla base dei dati raccolti ci si propone di: (a) individuare delle best practice che forniscano linee guida per indirizzare gli operatori sanitari, in particolare gli infermieri, nell’intercettare le richieste religiose e spirituali dei pazienti; (b) fornire all’azienda ospedaliera indicazioni di policy relative alla gestione delle diversità religiose, muovendo “dal basso”, ovvero dalle richieste e dalle esigenze dei pazienti ricoverati.  

 

L’attualità di una riflessione sulle richieste di spiritualità nei luoghi di cura deriva dal cambiamento del paesaggio religioso, che in Italia è mutato significativamente negli ultimi anni all’insegna di un più sviluppato pluralismo (Garelli 2020). Tanto nelle accademie quanto nella sfera pubblica vanno moltiplicandosi i dibattiti sulla gestione della diversità religiosa e culturale nelle istituzioni pubbliche (Ozzano e Giorgi 2016). Queste riflessioni restituiscono l’idea che la pluralizzazione e l’eterogeneità della mappa religiosa odierna conducano a un crescente numero di conflitti, al crocevia tra politica e religione, che problematizzano il funzionamento della democrazia (Minkenberg 2007). Tuttavia, nonostante l’importanza riconosciuta a tali questioni, la ricerca empirica su come le istituzioni pubbliche reagiscono e fanno fronte ai nuovi scenari è tutt’oggi scarsa, mostrando soltanto che le stesse istituzioni si rivelano per lo più impacciate e sguarnite di fronte alla governance della diversità religiosa il cui scopo sarebbe quello di migliorare i rapporti tra i diversi gruppi, minimizzare il rischio di controversie e, in una prospettiva più ampia, promuovere la coesione sociale. 

Un ambito in cui la ricerca sul rapporto tra istituzioni pubbliche, religione e spiritualità è carente è quello degli ospedali e dei luoghi di cura. Tale assenza è tanto più sorprendente perché si coniuga con la mancanza di una riflessione approfondita sul ruolo che la dimensione spirituale gioca nei percorsi di cura. Nella letteratura infatti, se si prescinde dal ristretto ambito delle cure palliative (Borneman et al. 2010, Otis-Green et al. 2012, Puchalski et al. 2000, 2006, 2009), si registra una scarsa attenzione alla questione del se e come la religione/spiritualità possa essere integrata nella cura dei pazienti nonché a quella della sua efficacia nel processo di guarigione. Ma confinare la spiritualità a una dimensione marginale appare poco giustificato, anche a fronte del ruolo crescente che, anche nel nostro Paese, ricoprono le medicine alternative e le tecniche di guarigione spirituale. Inoltre, come evidenziato da tempo dall’antropologia e dalla sociologia medica, la malattia è una frattura biografica che genera nell’individuo una crisi del sé e dei propri riferimenti esistenziali sortendo una ricerca identitaria di senso che, spesso, si esprime in chiave spirituale. L’accompagnamento spirituale alla cura mira a far fronte alla sofferenza causata da malattie e traumi, cercando di soddisfare i bisogni di senso, autostima ed espressività personale attraverso l’impiego di risorse differenti, dalla fede alla preghiera, dal benessere psico-fisico all’ascolto attivo. 

Queste premesse segnano l’urgenza di avviare un progetto per studiare in che modo gli ospedali attivino la questione dell’integrazione della dimensione spirituale nei percorsi di cura e affrontino quella, ormai stringente, della diversità religiosa. L’intento dell’indagine è quindi duplice.

In primo luogo s’intende intercettare, attraverso le tecniche di ricerca della medicina narrativa, le esigenze religiose e spirituali dei pazienti nell’intento di costruire una cartella parallela a integrazione di quella clinica. Nella cartella parallela vengono segnalati aspetti biografici del percorso di malattia del paziente – nonché i bisogni di spiritualità che emergono dalle sue interazioni con gli operatori – che esulano da quelli prettamente medici. Questo strumento viene sviluppato negli Stati Uniti a partire dagli anni Ottanta sotto l’impulso dei medici David Larson e Christina M. Puchalski (Cadge 2012) per permettere al personale medico di raccogliere e conoscere gli elementi chiave della storia religiosa e spirituale dei pazienti per inserirli nel quadro clinico. Lo scopo di un tale strumento è quello di riuscire ad integrare la sfera religiosa nel percorso di cura al fine di rendere quest’ultimo più completo ed efficace: questo strumento, già utilizzato, ad esempio, nei reparti di cure palliative (Puchalski 2000, Borneman et al. 2010, Brémault-Phillips et al. 2015), potrebbe essere efficacemente esteso anche ad altri reparti e, più in generale, integrare l’approccio biomedico. Sono stati messi a punto vari modelli di cartella parallela che si concentrano su diversi aspetti della vita spirituale e religiosa spaziando dalle credenze personali alla vita di comunità. Poiché in Italia l’impiego della cartella parallela è ancora in una fase iniziale, si auspica, con tale progetto, di dar impulso alla diffusione di questo strumento nelle pratiche cliniche.

In secondo luogo s’indaga la relazione tra i bisogni religiosi/spirituali espressi dai pazienti e l’offerta che gli amministratori ospedalieri propongono tramite il servizio degli assistenti spirituali – tanto di quelli appartenenti alle differenti religioni quanto di quelli laici. Questo focus consente di esplorare in che modo la presenza del cattolicesimo, di lunga tradizione negli ospedali italiani, venga rinegoziata in risposta a un rinnovato contesto religioso caratterizzato, da un lato, da una crescente secolarizzazione (Biolcati e Vezzoni 2018; Palmisano e Todesco 2018; Diotallevi 2019) e, dall’altro, dal moltiplicarsi delle minoranze religiose (Giorgi 2018). Il problema da affrontare, spesso segnalato dagli stessi cittadini non cattolici, è l’inadeguatezza delle strutture ospedaliere nell’affrontare le diverse esigenze culturali provenienti da pazienti che appartengono a minoranze religiose, con il conseguente rischio di produrre una situazione di diseguaglianza nel trattamento durante il percorso di cura e assistenza. Quindi, per costruire servizi sanitari in grado gestire la pluralità religiosa che ormai contraddistingue la popolazione, diventa cruciale porre attenzione al dialogo interculturale e interreligioso anche all’interno delle aziende ospedaliere. In definitiva, ci proponiamo di analizzare le principali strategie che Città della Salute elabora per gestire la diversità religiosa e, quindi, accomodare le differenti esigenze dei pazienti che richiedono anche “una cura dello spirito”. Da questo punto di vista gli ospedali si rivelano un laboratorio di analisi privilegiato perché si riproducono qui, in miniatura, le sfide politiche, i conflitti e le negoziazioni tipiche di una società multiculturale (Beckford e Gilliat 1998; Cadge 2012). 

Ricapitolando, sul primo versante la ricerca mira alla formazione di un numero ristretto di operatori ospedalieri alle tecniche della medicina narrativa e allo strumento della “cartella parallela” affinché apprendano come cogliere le esigenze religiose e spirituali dei pazienti. L’auspicio è che questi strumenti, presentati, discussi e sperimentati assieme allo staff sanitario in fase di ricerca, si mantengano come best practice anche a seguito della fine del progetto, guidino l’elaborazione di linee guida per gli infermieri, e possano essere estesi ad altri reparti di Città della Salute. Sul secondo versante, nel quadro dei rapporti Stato-Chiesa e della loro evoluzione in risposta alle esigenze poste dalle nuove sfide alla convivenza civile, la ricerca intende suggerire alcune indicazioni di policy per la governance della diversità religiosa in ospedale. 

 

Ultimo aggiornamento: 08/05/1975 01:50
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